Il 2021 è stato decisamente l’anno dei rebranding: dal fashion, al food, all’automotive, tantissime aziende hanno ceduto al restyling del proprio logo per dare nuova vita e nuova energia alla propria immagine. Nell’ultimo anno abbiamo assistito al rebranding di aziende storiche come Barilla, Burger King, Pfizer, Peugeot, Inter, Hugo Boss, Nielsen, Kia…
Aziende che hanno deciso di dare una svolta alla loro immagine, per rinnovarla e renderla più attuale.
Ma cos’è esattamente il Rebranding, e perché tantissime aziende nel corso della loro attività, prima o poi, lo fanno, lo spieghiamo nei prossimi punti.
REBRANDING: significato
Tecnicamente è la riprogettazione del logo, più o meno radicale, verso una forma e dei colori rivisitati, più moderni e più in linea con la nuova mission aziendale, o semplicemente più vicini ai gusti e ai comportamenti dei nuovi consumatori.
Un logo, infatti, nasce in un determinato periodo storico e abbraccia la visione di quel dato momento, la registra e si plasma sulle abitudini del contesto sociale, ambientale e strategico.
Il rebranding a volte implica solo un cambio d’immagine, a volte è più radicale e coinvolge cambiamenti strategici dell’intera brand identity, modificando il posizionamento dell’azienda nel mercato di riferimento.
REBRANDING: cause
Se è vero che il logo è il cuore dell’azienda e che ne definisce l’identità agli occhi del mondo, è altrettanto vero che per restare al passo coi tempi bisogna essere disposti a cambiare.
Il rebranding è una scelta che ha le più svariate origini:
- Fusione con altro brand
- Restauro immagine aziendale
- Crisi manageriale o reputazionale
- Questioni strategiche
- Problemi legali
- Adesione ai nuovi mercati e linguaggi
Ciò che accumuna tutte le motivazioni è sicuramente lo spirito di innovazione che, in un modo o nell’altro, mette l’azienda al centro di una rivoluzione.
REBRANDING: rischi e vantaggi
Tecnicamente si parla di rebranding proattivo quando si opera nell’ottica di rivoluzionare la brand image per catturare un nuovo target; di rebranding attivo quando invece lo si fa come conseguenza a un evento “negativo” legato a questioni fiscali o legali.
Una trasformazione troppo radicale può creare confusione e allontanare i consumatori più “tradizionalisti”, dirigendoli verso altri stakeholder; allo stesso modo però un restyling ben fatto può portare l’azienda a conquistare una nuova e più ricettiva fetta di mercato.
#REBRANDING: come gestirlo
Il potere di immedesimazione e coinvolgimento è l’aspetto più importante che un brand compie con il proprio logo, che non solo definisce la propria immagine, ma anche il proprio target di riferimento.
Per questo motivo il rebranding, a maggior ragione se radicale, va gestito molto bene, valutando pro e contro per essere pronti a gestire ogni conseguenza nel modo più consono e produttivo.
CONCLUSIONI
La tendenza attuale del rebranding, che nell’ultimo anno ha coinvolto molte aziende storiche, è un po’ quella di tornare alle origini, prediligendo forme meno artefatte, minimal e bidimensionali.
Una scelta in controtendenza con quella degli ultimi anni, che invece aveva visto la proliferazione di loghi caratterizzati da linee complesse e dall’aspetto tridimensionale.
C’è da aspettarsi che nei prossimi mesi altre aziende propenderanno verso un rebranding, come risposta ai diktat di una società, caratterizzata dalla pandemia di Covid-19, che tende sempre di più a un consumismo consapevole e meno compulsivo.